L’Italia e il terrorismo islamico

L’Italia e il terrorismo islamico: fortuna o altri fattori?

L’Italia è stata solo fortunata? O ci sono altri fattori che ci hanno messo al sicuro fin qui da attentati e attacchi? A chiederselo sul Guardian sono Stephanie Kirchgaessner e Lorenzo Tondo che partono dalla storia di Youssef Zaghba, l’italo marocchino accusato di essere uno dei tre terroristi dell’attacco al London Bridge.

Secondo Francesca Galli, esperta di anti terrorismo della Maastricht University, a metterci al riparo è stata l’assenza in Italia di una forte presenza di immigrati di seconda generazione a rischio radicalizzazione, un elemento che avrebbe permesso all’intelligence un monitoraggio dei soggetti a rischio più facile.

Questo non significa che in Italia non esista il terrorismo, sottolinea giustamente l’articolo. Il caso di Anis Amri, il tunisino che è partito dai dintorni di Milano per poi colpire il mercatino di Natale a Berlino, ne è un esempio.

Il Guardian riporta anche la teoria, parecchio diffusa, che l’Italia si sia salvata grazie all’esperienza maturata da servizi e forze dell’ordine nel campo della lotta alla mafia e al terrorismo. Ma è un’affermazione che non è sostenuta da dati o da elementi certi. Secondo Arturo Varvelli, ricercatore dell’Ispi, la mancanza di una seconda e terza generazione a rischio radicalizzazione, rende più facile l’espulsione dei soggetti considerati pericolosi perché privi di cittadinanza.

 

A mio modesto parere dobbiamo ringraziare la nostra intelligence che ha le giuste, anzi ottime competenze per gestire il gestibile, spero che i politici italiani non facciano economia anche su di loro così come lo stanno facendo con tutto il resto pur di mantenere i loro “stipendiucci”.

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Monica Ralfi

Curiosa, avventurosa, spiritosa, #MonicaRalfi