Truffe online, sfiducia degli italiani

Online, meglio non fidarsi. La truffa nel web è dietro l’angolo e gli italiani hanno paura di finire raggirati.

Case vacanze che non esistono, identità rubate, sottoscrizione ad abbonamenti mai richiesti sono solo alcune bufale in cui chi naviga su internet si può imbattere. Insomma, gli italiani della rete si fidano sempre di meno.

A sancirlo è una ricerca qualitativa, promossa dall’agenzia di comunicazione Found!, su circa 2.500 uomini e donne, di età compresa tra i 18 e i 65 anni. Il metodo utilizzato è quello WOA, ossia web opinion analysis, cioè attraverso il costante monitoraggio di social network, blog, forum e comunità di settore.

Rimanere fregati sul web, d’altronde, non è certo una novità. Già nel 2008 un rapporto di Symantec metteva in luce come l’italiano sia la seconda lingua più parlata nelle email truffa, spedite per riavere indietro i dati personali dell’utente, seconda solo all’inglese. Phishing, come se piovesse.

Tra le truffe più comuni c’è la casa vacanza inesistente. La fregatura è semplice: l’annuncio è ben scritto, con tanto di foto, si versa una caparra e poi una volta sul luogo, con materassino gonfiabile al seguito pronto per la spiaggia, si scopre che non esiste nulla.

Niente di niente, tutto falso. Non c’è nessuna casa e addio soldi. Sono 600 le vittime di questo tipo di inganno la scorsa estate. Altra truffa è quella dei falsi coupon da spendere da Zara, circolati su WhatsApp.

Chi crede che a finire fregati siano gli over 60, sbaglia. I giovani abboccano di più, anzi giovanissimi: i ragazzi tra i 18 e 23 anni. Sono il 21 per cento del campione “fregato”, secondo i dati di Found!

Le bidonate più comuni? Straordinarie vincite di premi (denunciate dal 45 per cento delle persone intervistate), falsa beneficenza (36 per cento del campione) e offerte di prove gratuite (31 per cento) attraverso pubblicità di cui è meglio non fidarsi.

Il raggiro più temuto resta il phishing (68 per cento). Si tratta di una truffa che arriva via mail: i cracker copiano l’intestazione della banca o della Posta, con tanto di logo e informazioni aziendali, chiedendo di inserire determinati dati per verifica, ma in realtà al fine di rubarli.

Senza contare virus e spyware (65 per cento) che permettono a soggetti terzi di entrare nel nostro pc. Esattamente come successo nei recenti casi di cyberspionaggio.

Fonte

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